Siria, pellegrinaggio di Mons. Peragine (vescovo Albania Meridionale) per esprimere solidarietà a comunità cristiana

Mons. Giovanni Peragine, Vescovo titolare di Fenice e Amministratore apostolico dell’Albania meridionale, ha svolto dal 27 al 31 maggio scorso un pellegrinaggio in Siria con un gruppo di suore Marcelline di Saranda. Mons. Peragine ha voluto così esprimere la solidarietà e la vicinanza spirituale dell’intera Amministrazione Apostolica alla comunità cristiana di Aleppo.

«Abbiamo viaggiato la sera tardi su una macchina che si muoveva a grande velocità da Beirut fino ad Aleppo – racconta il Vicepresidente della Conferenza Episcopale Albanese – , arrivando dopo circa 8 ore di viaggio nella notte del 27 maggio. Per chi è cresciuto negli anni ‘70 il Libano e Beirut in particolare è sinonimo di guerra, combattuta per venti lunghissimi anni. Da quel luogo che rievocava tanta sofferenza a causa della guerra eravamo diretti verso un paese dove la guerra è ancora in questi giorni una drammatica realtà. Arrivati ad Aleppo, ci ha accolto una grande città con strade ancora piene di gente in un clima di festa. Siamo infatti nel mese del Ramadan e i musulmani, che digiunano durante il giorno, festeggiano dal calar del sole fino a notte tardi».

«Il buio della notte – prosegue il racconto il Vescovo – ci ha nascosto la visione della distruzione della guerra presentandoci un paese con tanta voglia di vivere e di tornare alla normalità. Ma la visita della città nella nostra prima giornata ci ha purtroppo fatto capire che niente è più normale ad Aleppo. Uno dei paesi più industrializzati della Siria, con più di due milioni di abitanti, si trova letteralmente in ginocchio a causa della distruzione di ogni industria che ha minato fortemente l’economia del paese. La città di Aleppo, un tempo caratterizzata dalla pluralità religiosa e contraddistinta dalla convivenza pacifica e il rispetto reciproco tra i musulmani e i cristiani di otto riti diversi, è ora una città di macerie con la distruzione di diverse moschee e del sessanta per cento delle diverse chiese. Queste macerie di mattoni sono il volto esterno di una situazione psicologica ancor più grave e pesante. Sono le macerie di vite spezzate, impaurite, senza un domani. Il volto delle persone e dei bambini incontrati è lo sguardo di una nazione, di un popolo che guarda al suo futuro che è fatto di macerie».

La mattina del 28 si è svolto l’incontro con padre Ibrahim Alsabagh, parroco della parrocchia latina di San Francesco, e la comunità cristiana composta da un buon numero di fedeli che ha vissuto e vive momenti drammatici.

«Sono sempre più convinto – afferma mons. Peragine – che ogni incontro è sempre l’inizio di una storia, di una condivisione di vita e di esperienza che ci arricchisce e che ci allarga gli orizzonti del nostro “sapere” e soprattutto del nostro “sentire”. Come sacerdote, fino a poco tempo fa mai avrei pensato di potermi imbarcare per andare in Siria e incontrare la comunità di Aleppo. Come vescovo dell’Amministrazione Apostolica, invece, sostengo quanto già da tempo si sta facendo verso queste popolazioni in grave difficoltà. Infatti, la nostra Amministrazione Apostolica dell’Albania meridionale già da qualche tempo lavora per alleviare le sofferenze dei profughi (anche provenienti dalla Siria) che bussano alla porta dei confini dell’Albania, soprattutto nella zona di Gjirokastro e di Korçia, dove le comunità delle suore sono in prima linea per la prima accoglienza. Inoltre, le suore marcelline di Saranda, già negli anni scorsi, hanno realizzato dei momenti di animazione per i bambini profughi siriani sistemati nei tanti campi della Grecia».

«In questi anni – conclude mons. Giovanni Peragine -, grazie ai mezzi di comunicazione, alla tv, tutti noi abbiamo avuto modo di seguire le drammatiche notizie provenienti da questa terra martoriata. Le immagini di morte, di distruzione ci hanno prima impressionato e poi, purtroppo, anche abituato la nostra sensibilità. Ma camminare lungo le strade polverose e semidistrutte, ti racconta una realtà diversa, dove niente è più lo stesso. Dove la normalità non esiste più. Perché sì, ad Aleppo niente è più normale».